Nuove competenze per affrontare le difficoltà del mondo contemporaneo

Guerre, violenza, crisi climatica e ambientale, nuove malattie, instabilità economica. Non è un mondo facile quello con cui adulti e ragazzi si confrontano quotidianamente. Il mondo odierno è ben descritto da un acronimo, coniato dallo storico Jamais Cascio, storico, ricercatore, professore presso l’University of California, che sintetizza le caratteristiche intrinseche del contesto socioeconomico contemporaneo e i loro effetti su di noi. Viviamo in un mondo BANI: Brittle, Anxious, Non-linear e Incomprehensible. Ci confrontiamo, cioè, con fragilità, ansia, situazioni non lineari e spesso incomprensibili. Negli ultimi anni sono stati diversi gli eventi che hanno rivelato la fragilità di sistemi ed equilibri entro cui viviamo o a cui facciamo riferimento; gli individui stessi sono e si sentono sempre sul confine affacciato sul vuoto, sul bordo del precipizio, vicinissimi al punto di rottura. Questa situazione di fragilità genera ansia, un’emozione vaga, non scatenata da un pericolo visibile e tangibile ma da un senso di insicurezza generalizzato con cui fatichiamo a fare i conti e che viene incrementato dal fatto che non riusciamo più a leggere i fenomeni attorno a noi in maniera lineare. Abbiamo a disposizione una immensa quantità di dati, informazioni, strumenti e possibilità: eppure il mondo attorno a noi, che sia il nostro micromondo delle relazioni familiari, lavorative, amicali o che sia la società intesa su scala più ampia, ci risulta incomprensibile. È chiaro che in un contesto simile è facile essere maggiormente predisposti ad agire comportamenti disfunzionali. In un interessante libro, gli epidemiologi R. Wilkinson, K. Pickett (La misura dell’anima, Feltrinelli, 2009) hanno evidenziato come i disturbi alimentari, il basso livello dei rendimenti scolastici, la precarietà della salute mentale e fisica, i tassi di detenzione carceraria, gli episodi di violenza siano in aumento e siano strettamente correlati con l’incremento delle disuguaglianze economiche e sociali. Cosa fare, dunque? Che tipo di risposte possono dare gli adulti ai ragazzi che stanno crescendo nel mondo BANI? Una tra le tante risposte ci arriva dal mondo degli studi accademici e teorici in ambito economico. È stato Nassim Taleb, matematico e filosofo libanese, a definire il concetto di antifragilità, ponendo l’accento sull’importanza che, nel mondo BANI, può assumere il confronto con il caos e di disordine[1].

Antifragilità, quindi, come possibilità di prevenire la fragilità e di gestirla quando si presenta, come una nuova competenza, un mind-set innovativo, una predisposizione cognitivo-comportamentale che, se allenata, ci consente di integrare il caos, il disordine, l’incertezza trasformandoli in un’opportunità evolutiva. Da tempo l’OMS ha promosso un modello di promozione del benessere basato sullo sviluppo delle life skills, intese, letteralmente, come competenze di vita. Numerosi sono gli studi e le ricerche(Arnett, 2004; Palmonari, 2011; Cavallo et al.; 2014; Beccaria et al., 2018) che attestano come la promozione della salute psicofisica debba basarsi sull’acquisizione e il rinforzo di competenze socio-emotive e relazionali imprescindibili per il benessere psicologico e sociale. Tali competenze sono strettamente correlate con le capacità di adattamento e di comportamento positivo utili ad affrontare in maniera efficace le diverse crisi (e qui è necessario ricondursi all’etimologia del termine che rimanda al concetto di trasformazione, scelta e svolta) che possono presentarsi sul piano personale, relazionale e sociale.

Oltre alle life skills già oggetto di lavoro e attenzione in ambito pisco-pedagogico e anche andragogico (consapevolezza, gestione emotiva, capacità relazionale, problem solving, decision making, pensiero critico e creativo), diventa utile, se non necessario, promuovere interventi in grado di costruire e stimolare antifragilità sia nei ragazzi che negli adulti. È indubbio, infatti, che oggi è ancora e più che mai valido ciò che J. W. Goethe scriveva ne I dolori del Giovane Werther: “…Che i ragazzi non sappiano ciò che vogliono è opinione concorde di tutti i sapientissimi maestri. Che però anche gli adulti, come i ragazzi, brancolino su questa terra senza sapere da che parte vengono e dove vanno […] ecco, questo nessuno vuole ammetterlo.” La carenza delle competenze relazionali ed emotive necessarie per vivere positivamente le esperienze di vita non riguarda solo gli adolescenti e i giovani, i cui comportamenti devianti tanto sconvolgono l’opinione pubblica. Ma riguarda anche noi adulti, figure di riferimento con il compito di formare, sostenere e consolidare queste competenze sin dalla prima infanzia: siamo noi genitori, insegnanti, educatori, operatori socio-sanitari … ad essere BANI in un mondo che sempre più ci pone di fronte quelli che Taleb definisce I Cigni Neri, eventi traumatici e sfide che irrompono nella nostra vita in maniera inaspettata e improbabile (N. Taleb, Il cigno nero: come l’improbabile governa le nostre vite, Il Saggiatore, 2023)

Come fare allora? Ovviamente non è facile adottare un atteggiamento antifragile. Il primo passo è sicuramente accogliere la vulnerabilità e imparare a stare “nel qui ed ora” dei momenti bui, conoscere e riconoscere le sconfitte, le cadute, per toccare il fondo senza tuttavia mai perdere la fiducia nell’acqua di sorgente che giace in fondo al pozzo e che diventa la risorsa per risalire. Solo dopo aver tratto insegnamento dalle avversità, le nostre ferite potranno guarire, rivestendosi di un materiale nuovo e più forte in grado di renderci proattivi nella trasformazione delle stesse ferite in feritoie. Diventare antifragili significa allora accogliere le sfide e le difficoltà della vita come opportunità per generare nuovi spazi di apertura evolutivi, significa “sfruttare” gli urti trasformandoli in soluzioni e risposte positive. È, in fondo, ciò che le nostre cellule e il nostro codice genetico fanno da milioni di anni: l’essere umano e le meraviglie della natura non sono forse il frutto di una trasformazione positiva dei traumi che hanno generato mutazioni in grado da renderci sempre più adatti alla vita? Appare evidente che, affinché ciò sia possibile ci vuole anche un cambiamento culturale: non più la cultura della performance che viene giudicata e che viene considerata chiave del successo (e quindi di una felicità che è, tuttavia, precaria perché sempre un po’ più in là, oltre l’orizzonte cognitivo) ma la cultura del benessere come prerequisito fondamentale per generare buone pratiche e comportamenti efficaci per i compiti di vita che l’individuo è chiamato a svolgere (Achor, 2018). Gi interventi formativi e educativi in grado di incidere sul benessere degli individui, innestando l’approccio antifragile nei contesti sociali e organizzativi in cui sono immersi, diventa allora una possibilità concreta ed efficace per fare prevenzione, per  dare argine ai fenomeni di sofferenza, devianza, violenza, costruendo così una società realmente più sana.


[1] “Certe cose traggono vantaggio dagli scossoni; prosperano e crescono quando sono esposte alla volatilità, al caso, al disordine e ai fattori di stress, e amano l’avventura, il rischio e l’incertezza. Eppure, nonostante l’onnipresenza del fenomeno, non esiste una parola che lo descrive. Chiamiamolo allora «antifragile». L’antifragilità va al di là della resilienza e della robustezza. (N. Taleb, Antifragile, prosperare nel disordine, Il Saggiatore, 2013)